Barriera stories

Barriera di Milano si racconta attraverso le voci delle persone

Via Crescentino, dal 1958

di Margherita Prota

 

Era il 1958 quando la famiglia di mio padre da piazza Bottesini si trasferì in via Crescentino, in un appartamento al secondo piano. Il grande tavolo ovale di cristallo verde della sala da pranzo ha accolto cinque generazioni, con parenti e amici, in un’atmosfera sempre gioiosa.

Il palazzo è sempre stato un vortice di voci e passi di vicini, che incrociandosi si scambiavano un saluto o una battuta. Il cortile, rombante di motori di auto, che Nino e Mauro trasformavano in “futuristici” veicoli ecologici alimentati a gpl, la domenica radunava i condomini con le loro macchine “lustrate a festa” e i giochi dei più piccoli.

Ma il luogo più segreto e trasgressivo era la cantina dei miei nonni, che mio padre e i suoi fratelli avevano allestito come una vera e propria discoteca, con tanto di luci psichedeliche, divanetto e bancone fornitissimo di bevande. Il grande spazio permetteva di riunire una moltitudine di amici e scatenarsi in movimentati balli anni ’70. Il divertimento era assicurato.

L’infanzia di mio padre, invece, era trascorsa per lo più giocando a birille nella strada all’epoca ancora sterrata e poco trafficata, con il ricordo di Don Martano, che aspettava i bambini all’uscita dalla Messa per donare una brioche e invogliarli a ritornare ogni domenica.

Dove via Crescentino incontra via Scarlatti c’era la panetteria di Elsa, che negli anni ’80 fu acquistata da un signore che mia nonna chiamava ‘o siciliano, il quale svolgeva anche altre attività meno lecite.

Sull’angolo di via Brandizzo, all’altro capo della via, c’era il bar di Enzo Ingrassia. Mio padre frequentava l’ultimo anno alla scuola media “Corelli” e, quando usciva, sulla strada di casa si fermava lì, dove Enzo lo aspettava perché gli dava una mano a riordinare le bottiglie in cantina. Aveva il “privilegio” di potervi accedere e scendendo da una botola, si trovava sempre davanti una moltitudine di bottiglie. Mentre le sistemava, non poteva resistere alla tentazione di stappare bibite e vino e chi trovava il tappo jolly della Coca Cola poteva aprirne un‘altra. Così i due ragazzi si lasciavano andare a trasgressive sfide “a chi beveva di più”. Finito il “lavoro”, i genitori di Enzo, inconsapevoli di ciò che era accaduto nel sotterraneo, chiedevano: “Vuoi bere qualcosa?”. Ovviamente mio padre rispondeva di no e la giornata proseguiva poi giocando al biliardo, fino a quando mia nonna all’ora di cena, non vedendolo rincasare, andava a recuperarlo.

Girato l’angolo si poteva scorgere la latteria di Giulia, che io conoscevo solo di nome, ma non ero mai stata sua cliente, perché si narrava che, dopo aver tagliato il formaggio, leccasse il coltello.

Nel fabbricato di via Crescentino 25 c’era la ABC Farmaceutici, fondata nel 1925 da Giovanni Giraudi, che oggi vanta un fiore all’occhiello di 13 brevetti internazionali a bandiera italiana. Di giorno dalle finestre di casa di mia nonna vedevo le operaie con il camice e il cappello bianco impegnate a inscatolare medicine. Alle quattro e mezza in punto, il vociare di saluti e il via vai di autovetture davano il “segnale orario”. La fabbrica si fermava, ma anche durante la notte rimaneva accesa una luce ultravioletta che rendeva l’atmosfera un po’ spettrale, tanto che le mie amiche più fantasiose raccontavano di aver avvistato dei fantasmi. Nel 2002 l’Officina Farmaceutica si è trasferita a San Bernardo d’Ivrea e l’edificio è stato trasformato nella Residenza 900, con i suoi moderni loft.

Il “mio” civico, invece, mostra i segni del tempo. Con il passare degli anni, molti degli inquilini storici sono andati via per cause naturali o scelte personali e oggi il palazzo è un crocevia internazionale, ma il secondo piano è rimasto come allora, con mia nonna Margherita, che tutte le mattine ancora scende le ripide scale e, dopo la faticosa salita, al ritorno dal mercato, ritrova i vicini di sempre Antonio, Elvira ed Ester.

Wikimedia Commons/Progetto artistico Opera Viva in piazza Bottesini