Borgo Rossini stories

Il quartiere si racconta attraverso le voci delle persone

Rossini, un borgo da Serie A

di Beppe Turletti

Camminando nel quartiere in cui abito, una fetta di Barriera Milano, “ascolto” Ponchielli, Mercadante, Cimarosa, Petrella, Tamagno, Pergolesi, Tartini, Mascagni, Leoncavallo, Cillea, Pugnani, Boccherini.

Un paio di volte la settimana però, la voglia di musica briosa e allegra delle ouvertures della Gazza Ladra, del Barbiere di Siviglia, del Guglielmo Tell, mi spinge a cambiare passeggiata. Imbocco via Bologna, attraverso corso Novara e poco dopo incrocio via Padova. Percorro quest’ultima ed ecco via Perugia.
Sono in un atlante d’Italia? O dentro la classifica di un campionato di calcio?

Mentre cammino rivedo le maglie rossoblu, lo «squadrone che tremare il mondo fa», unica a vincere uno scudetto assegnato con uno spareggio, nel 1964 contro l’Inter. E i biancoscudati di paron Rocco e Hamrin che nel 1958 arriva al terzo posto in serie A. Il Perugia di Ilario Castagner, Paolo Sollier, Renato Curi che nel 1979 chiude il campionato al secondo posto, dietro il Milan, senza perdere mai un incontro.

La percorro e incontro Brescia (Baggio, Pirlo, Guardiola), Verona, la fatal Verona per il Milan 1973, e dello scudetto 1985 con Garella, Di Gennaro, Elkjaer guidati dal taciturno Bagnoli. Angolo via Modena, Trattoria Primavera; cucina di famiglia, sapori sardi, prezzi popolari.
Lo sguardo va a destra verso il fondo dove appare la Nuvola del caffè che «se non è buono che piacere è?». Ma anche l’edificio che ospitava il Gallettificio Militare sul cui muro una mano anglofila ha tracciato «NO TAW». Giro a sinistra, bella costruzione stile inglese al civico 23, Associazione Sommelier, ma la mente corre subito ai canarini giallo-blu di Cinesinho e Jorge Toro che ci aveva punito nel 1962 in Cile.

All’angolo con via Foggia, una vecchia costruzione, di quelle destinate ai progetti di riurbanizzazione che tanto piacevano nel periodo a.C. (ante Covid-19); una scritta «Appendiamo l’Appendino» e un’altra su un cartello in alto che illustra quale sarà la sua destinazione «Dal Loft alla villa urbana». Due ipotesi da rivedere.
Guardo bene l’edificio lasciato andare al suo destino e… un tuffo al cuore: lì, in via Foggia, nel cortile c’era lo sfasciacarrozze Ginetto Trabaldo! Quando portai la mia vecchia Fiat 131 a demolire mi raccontò la sua storia di tifoso granata, di come nel 1951 fosse stato uno dei fondatori del club Fedelissimi, uno dei primi club di tifosi in Europa. Mi regalò sciarpa e bandiera granata e da allora andai a trovarlo spesso per sentirlo raccontare.

Seguendo un po’ con lo sguardo, ecco il flash calcistico dedicato ai satanelli rossoneri, quelli che con Zeman, Ciccio Baiano, Rambaudi, Beppe Signori fecero divertire gli amanti di un calcio da giardinetti; partite che finivano 3-3, 4-4, 5-0 ma anche 2-8 contro il Milan; alla fine del campionato 58 reti fatte e 58 subite.
Giro a destra, fino a… Parma, ad Arrigo Sacchi, Nevio Scala, Zola, Crespo, Asprilla, camminando in uno dei rari tratti di strada acciottolata che questa città conserva ancora.

Angolo Regio Parco, la scuola elementare Michele Lessona, ingresso classi maschili e femminili; al centro un bel viale alberato, una lèa, dove passeggiare consumando un gelato o una granita di Torre o un dolce di Raspino.
Prendo a destra fino a Pisa (meno male che via Livorno è ben distante altrimenti se le darebbero anche i numeri civici) e rivedo i nerazzurri di Anconetani, di Agroppi, Dunga, Bergreen. Poco dopo ecco Messina, una delle tante maglie giallo-rosse ma anche una delle tante che sono salite in alto per precipitare improvvisamente nei baratri della finanza negativa del calcio.
Un asilo sulla sinistra ed eccoci all’incrocio con Catania e poi Reggio. Un triangolo pieno di fantasia, una vasca isoscele col fondo blu e tre cunette al centro per le prime scalate e scivolate di ardimentosi bambini che le affollano nelle belle giornate. Alla base di questo triangolo, le vetrine della libreria, il Ponte sulla Dora, del libraio per antonomasia Rocco Pinto.

Seguo ancora via Pisa, arrivo a Cagliari, sull’angolo a destra i vini sfusi o imbottigliati De Pepe, in diagonale un edificio circondato da un muro con cocci di vetro antiintrusione. In effetti lì si producono gioielli e preziosi! Anni fa un amico che ci lavorava mi disse che a fine turno doveva subire delle “fogne” molto rigorose e che veniva spazzolato dalla testa ai pedi per recuperare la polvere d’oro.
Il vero oro però è poco più avanti dove regna il profumo del cioccolato Gobino.
Camminando mi suonano nella testa dei nomi: Albertosi, Cera, Niccolai, Nenè, Giggirriva! I rossoblu del 1970, dello scudetto che sapeva della filosofia di Scopigno, della vittoria di una nazione sparsa per l’Italia e che visse quel momento come un’azione delle Erinni per vendicare le angherie subite nel tempo.

Una via pacata e tranquilla, la percorro fino a Mantova intravedendo là in fondo il fabbricato della Film Commission; svolto a sinistra e poi riprendo a destra per Catania, «clamoroso al Cibali, il Catania è in vantaggio sull’Inter!», urlava la voce di Ciotti mentre segnavano i rossocelesti Castellazzi e Calvanese.
Anche qui una bella lèa mi invita a camminare al centro per osservare bene i bassi caseggiati tra cui spicca la “casa delle mosche” (leggere Massimo Tallone per saperne di più) al civico 35. Laggiù si intravede l’ingresso al cimitero Monumentale e allora svolto a sinistra in via (toh, niente città!) Buscalioni. Un altro bell’edificio dell’archeologia industriale destinato ad una trasformazione di chissà quale natura edilizia, così come quelli che incontro poco dopo in corso Novara dove stanno sorgendo un centro commerciale, un collegio universitario, un mega ristorante.

Angolo via Bologna, percorsi 5864 passi, pari a 3811 metri; quasi raggiunto l’obiettivo quotidiano. Arrivo in casa e mi ascolto il Gugliemo Tell.