Barriera stories

Barriera di Milano si racconta attraverso le voci delle persone

Il Maradona di Barriera

di Alberto Bozzolan

 

“Minchiavvvuoi, sono di Barriera” era l’alter ego di “Minchiavvvuoi sono di Falchera o Mirafiori o Vallette”. Nel millennio scorso, il senso di appartenenza al proprio quartiere era fortissimo. Qualcuno si identificava nella singola via, come via Artom o via Arquata, ma se eri di Barriera eri di Barriera e basta.
E Barriera per Vito era tutto. Credeva che quel senso di appartenenza lo avrebbe protetto per sempre. Invincibile. Inattaccabile. Imprendibile.
Vito era un genio dei motori come Maradona lo era del calcio.
Li rubava per smontarli pezzo per pezzo e li rivendeva per aiutare la famiglia. A soli 12 anni.

Abitava in via Ghedini, complesso di case popolari a Barriera nord est, all’epoca abitato prevalentemente da immigrati del Sud. A Barriera c’era indigenza, ma non miseria. Dai davanzali pendevano ancora, come da tradizione degli anni sessanta, i pomodori e peperoncini rossi in attesa del giusto grado di essicazione. Il profumo dello “sfricone” preparato dalla mamma di Vito, una salsa paradisiaca preparata soffriggendo pomodorino secco, cipollotto, (ma guai a chiamarlo così, si dice “sponsale”), peperoncino e olio, da consumare annegandoci il pane Altamura, faceva spuntare il sole anche tra la nebbia di via Ghedini.
La mamma era soprannominata “la cattìa” (la vedova in dialetto pugliese), ma in realtà il marito non era morto. La abbandonò, lasciandola sola con i suoi quattro figli. Tre femminucce e Vito. L’uomo di casa.

Lo conobbi durante un suo passaggio in comunità minori a metà anni ’90, in messa alla prova dal carcere minorile Ferrante Aporti. Un adolescente costretto a correre più in fretta degli altri, dal cuore buono ma dal destino segnato. Quando gli scappava l’accento pugliese era più simpatico di Lino Banfi. Gli trovammo un lavoro da un meccanico. Era il suo mondo. Bastava che avvicinasse l’orecchio al motore per capire il problema. E risolverlo. Nessuna scuola, nessun manuale, nessun tutorial. Solo una dote innata. Come per Maradona col pallone. E come “El Pibe de oro” finì dipendente dalla coca. Solo che Diego era diventato ricco, Vito era rimasto povero. E per procurarsela finì in quella che i giornali dell’epoca definirono la “banda della cocaina’.
In sei mesi misero a frutto 33 rapine.

Vito aveva solo 22 anni. Forse voleva emulare la “Banda Cavallero”, che sempre a Barriera negli anni ’60 mise a frutto una infinità di rapine. Anche se le motivazioni erano ben diverse.
Quando lessi la notizia sui giornali del suo arresto piansi. Capii che nulla l’avrebbe salvato. Neanche la sua “Barriera”.

Prima di entrare in azione sniffava un po’ di coca per darsi coraggio, poi al momento della rapina entrava in banca con due o tre complici, mascherati e armati con pistole o taglierini, prendevano un cliente o un impiegato come ostaggio e obbligavano il cassiere a consegnare il denaro.
Il 21 marzo 2001 in poche ore rapinarono due banche, visto che si trovavano entrambe in corso Giulio Cesare. Già che erano lì, tanto valeva ottimizzare i tempi. Al capo della banda, che non partecipava mai attivamente ai colpi, spettava la metà del bottino, gli altri si dividevano quanto restava.
Vito si sentiva sempre più invincibile. Oltre alla coca, lui era di Barriera.
Li arrestarono nel luglio del 2001. Vito morì dieci anni dopo. A soli 31 anni.

Se di Maradona si ricordano le sue magie col pallone, Vito lo ricordo per i suoi giochi di prestigio con i motori e con le macchine. La mia Vespa la smontava e rimontava pezzo per pezzo in diciassette minuti. La mia vecchia Panda, quando persi la chiave della portiera, me l’aprì in quattro secondi. Senza un graffio. La vita non gli ha riservato niente di buono. Ma a me piace ricordarlo così: sorridente, con una chiave da 13 in mano, vicino al poster di Maradona e con il profumo di “sfricone” di mamma Maria. Rimane un graffito col suo nome su un palazzo di via Ghedini all’angolo con via Pietracqua, a ricordarci che nascere dalla parte giusta è solo questione di fortuna…
“Minchiavvvuoi, sono di Barriera!!!” Lo sento urlare ridendo da chissà dove…